Tra sabbia e nuvole: il racconto della rinascita di Arianna Lepre

Arianna LepreCom’è nato “Diario dal Deserto”? Hai sempre saputo che avresti trasformato questa esperienza in un libro?

Diario dal Deserto è nato in un modo del tutto casuale, durante un periodo in cui non volavo più (la pandemia del 2020). Mi sono ritrovata a casa per mesi, dopo tanto tempo trascorso in aereo, e ho cominciato a pensare a tutto quello che avevo vissuto: i viaggi, le mie amiche a Dubai, l’esperienza negli Emirati. Ho cominciato a scrivere per ricordarmi di tutto, e un po’ anche per nostalgia di quel mondo, che durante la pandemia sembrava così lontano, irraggiungibile.

Cosa ti ha spinto, in modo del tutto spontaneo, a partecipare alle selezioni per Emirates?

Mi ha spinto la curiosità: ero una studentessa di 23 anni e stavo per terminare gli studi, quell’Open Day di Emirates dietro casa mia mi sembrava un’occasione per scoprire di più del lavoro da assistente di volo, e capire se poteva fare al caso mio, una volta terminato il Master.

Ricordi il momento esatto in cui hai capito che la tua vita stava per cambiare?

Arianna Lepre 2Decisamente sì: quando, qualche mese dopo, ricevetti la cosiddetta “Golden Call” da Dubai, cioè la chiamata di conferma dagli uffici di Emirates che ero stata presa.

Come hai vissuto l’impatto iniziale con Dubai e con la residenza Sarab?

Devo dire la verità: benissimo! Anche se mi sentivo un po’ spaesata, tutto era così nuovo e bello che l’emozione mi travolgeva. La mia casa mi piaceva molto, ammetto che però essere nel bel mezzo del deserto fu un piccolo shock all’inizio. Ma la grande metropoli di Dubai era lì a due passi e non vedevo l’ora di esplorarla.

Il corso di addestramento è stato più duro fisicamente o mentalmente?

Direi mentalmente: arrivavo da un background di studi umanistici e linguistici e trovai l’addestramento di Emirates molto tecnico, invece. Non avevo mai studiato le parti di un aereo, le rispettive procedure, e tutto quello che rientra nel mondo dell’aviazione (sicurezza, emergenza, parte medica). È stato molto interessante e utile, e devo ammettere che ho avuto dei trainer davvero in gamba!

In che modo la vita negli Emirati ha cambiato la tua percezione dell’Occidente?

L’ha cambiata tantissimo. Sono arrivata negli Emirati quasi con la “paura” degli arabi e del “diverso”. Emirates e Dubai mi hanno insegnato che il diverso è solo diverso, non sbagliato. Dal primo momento mi sono trovata insieme a persone della mia età provenienti da tantissimi altri Paesi, ed è lì che mi sono detta: “il mondo è davvero grande!” Il mix culturale presente in Emirates e a Dubai, che mi piace definire “la città di tutti”, in qualche modo ti obbliga ad aprire la mente e ad avvicinarti a nuove usanze e culture. Non è stato facile all’inizio, ora invece mi sorprendo della chiusura mentale che a volte riscontro qua.

Qual è stato il volo più indimenticabile della tua carriera?

Uno è davvero difficile da scegliere… Forse il mio primo volo per Roma, la prima volta che rientravo in Italia e che rivedevo la mia famiglia da quando ero partita (e non ero mai stata a Roma nella mia vita, incredibile!). Quello fu proprio magico.

Com’è lavorare a bordo dell’Airbus A380, “il Gigante del Cielo”? Cosa lo rende unico?

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Direi che è un’esperienza elettrizzante: ti trovi sull’aereo passeggeri più grande al mondo, con quattro motori e due piani. Mi sembrava di essere su una nave, e tutto l’equipaggio contava venticinque persone, una classe praticamente!

Qual è la sfida più grande del lavoro da cabin crew che spesso il pubblico non percepisce?

Oltre alla stanchezza fisica per i vari fusi orari, i voli notturni e le tante ore trascorse a più di diecimila metri, direi che la sfida più grande è spesso la solitudine. Nessuno pensa che oltre alle soste in riva al mare, ci sono notti trascorse in una stanza di hotel, cene solitarie e videochiamate per rimanere in contatto coi nostri cari. Perdiamo compleanni, Natali e momenti importanti. Non è solo un lavoro glamour!

Hai visitato luoghi straordinari: quale ti ha lasciato il segno più profondo?

Sicuramente, in generale, l’Asia. Ne sono rimasta affascinata. È un mondo in cui, nonostante il traffico e il casino delle strade, si percepisce una sorta di pace interiore e calma, grazie alla gente che è sempre gentile, pacata, pronta ad aiutarti. La cultura asiatica mi ha trasmesso una forte spiritualità, che ho poi trovato nei luoghi che ho visitato e mi ha insegnato la pazienza.

Che ruolo hanno avuto i colleghi nella tua crescita personale?

Alcuni sono diventati la mia famiglia, lo dico sempre. Il collega con cui trascorri tre o quattro giorni in volo, in un altro Paese e lontano da casa, diventa la tua casa, il tuo riferimento. Mi ha sempre stupito come in Emirates fosse facile fare amicizia e avviare una conversazione, anche tra colleghi sconosciuti. Ho dei ricordi di soste bellissime con colleghe appena conosciute che potevano sembrare le mie migliori amiche di una vita. Penso sia la magia del viaggio e di questo lavoro.

Cosa hai imparato dalle persone incontrate nei diversi Paesi?

Ho imparato che c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire ascoltando i racconti delle persone che si incontrano lungo il nostro percorso. Un consiglio, un’informazione su dove andare, ma anche una barzelletta. L’importanza della condivisione di un momento.

“Non ero più solo una ragazza italiana, ma una cittadina del mondo”: che significato ha oggi per te questa frase?

Arianna Lepre 4Ha cambiato completamente la mia vita! Ho visto così tanti posti, e viaggiato in così diversi contesti, che oggi mi sento di aver addosso ogni pezzettino di quello che ho vissuto: l’Italia è il mio Paese, la mia casa… così come sento che lo siano tanti altri posti! Mi sento a casa anche dall’altra parte del mondo!

Hai mai avuto paura di perderti, viaggiando così tanto?

Devo dire la verità, no. Questo lavoro e i tanti viaggi ti aiutano anche a sviluppare un forte senso dell’orientamento e a sapere dove andare, tenendo a mente dei punti di riferimento (l’hotel, una strada particolare, un centro commerciale). Di solito avevo sempre con me una mappa della città, e devo dire che ha funzionato meglio di qualsiasi telefono!

Ti rivedi ancora in volo tra qualche anno, o hai altri progetti per il futuro?

Assolutamente sì, è un lavoro che mi piace ancora tanto, e ho ancora troppi posti da vedere!

Che consiglio daresti a una giovane donna che sogna una vita fuori dagli schemi?

Le direi di avere coraggio, di credere in sé stessa e di seguire sempre il suo istinto.

Diario dal Deserto è un invito a mettersi in viaggio, anche dentro di sé: cosa speri arrivi davvero al lettore?

Spero che al lettore arrivi un’ondata di positività, perché racconto un’esperienza bella, divertente, che ha un lieto fine. E poi spero che possa incuriosire circa Paesi o destinazioni magari sconosciute. Infine, il libro è un invito a pensare in grande, a sognare e a mettersi in gioco: si può sempre cambiare la propria vita.

A cura di Giulio Strocchi
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